Altre attività economiche

Nelle loro memorie i parroci di questo paese sottolineano frequentemente che le attività di questa popolazione sono prettamente rurali: collegate alla pastorizia, all'allevamento e in particolare alla cerealicoltura nonché alla viticoltura. Dalla seconda metà del secolo XIX° si accerta che numerosi uomini si sono specializzati nel taglio di legnami e successive lavorazioni. A questo punto più che parlare di attività commerciali dovremmo entrare nel merito delle occupazioni della gente del posto. Le carte medievali ci informano che sul territorio erano numerosi i mulini da grano. Questi, la cui proprietà apparteneva al signore, erano dati in concessione e uso a persone che in alcuni casi sembra avessero una sorta di opzione su più laboratori. E’ ad esempio il caso di Giovanetto Crestyan che in una reconnaissance del 1376 dichiara di avere in concessione tutti i mulini di Saint-Vincent, che ha precedentemente avuto in feudo da Ebalo di Challant, unitamente ai relativi canali e a tutti i diritti d’uso. Se consideriamo che nella stessa epoca il nostro paese era uno dei pochi che si permetteva il lusso di vendere al mercato di Aosta una notevole quantità di grano prodotta nel territorio della collina, data la grande quantità di cereali prodotti, possiamo ben immaginare quale fonte di ricchezza fosse il possesso, seppure solo in uso, di un mulino. La collina appare quindi essere fin dall’epoca medievale discretamente ricca; e dai ricavi di quello specifico genere di coltura la gente del posto sembra godere di una posizione di discreta agiatezza. Il territorio circoncentrico al borgo, e la parte bassa del territorio, sono invece interessate da enormi superfici coltivate a vite. Qui la necessità rende comunitaria una struttura che non può essere mantenuta in proprio: il torchio per uve. Tutti i villaggi avevano al loro interno questa enorme, arcaica ma funzionante struttura che era bene di tutti e di cui tutti dovevano farsi carico per le necessarie manutenzioni e per il generale mantenimento. Precise regole, frequentemente orali, regolamentavano l’uso del torchio, il numero degli aventi diritto e delle giornate in cui poter accedere per l’autunnale lavoro. Dobbiamo inoltre ricordare la presenza sul territorio di Saint-Vincent di numerosi altri laboratori artigianali: folloni, maceratori, forge e impianti per il taglio dei tronchi. L’artigianalità di questa comunità è sempre attestata nel corso dei secoli e non si discosta dalle realtà degli altri paesi della Valle d’Aosta. Tra le rendite derivate ai Sabins dobbiamo anche ricordare la castagna, con tutte le lavorazioni annesse e le seppur piccole ma presenti rendite. Questo frutto, che sul nostro territorio ha sempre avuto grande diffusione, era naturalmente utilizzato per scopi alimentari anche se in molti casi le testimonianze orali informano che la castagna era utilizzata come merce di scambio ai mercati; prodotti come il riso, il mais e telerie per il confezionamento degli abiti erano regolarmente barattati con castagne. Piccoli introiti, collegati però a lavorazioni estremamente impegnative, derivavano poi dalle noci (da cui si ricavava anche il prezioso olio) e infine dalla canapa, dalla cui lavorazione si realizzavano telerie per la casa. Dalla seconda metà del 1800 molte persone di questo paese, in particolare quelle residenti nel borgo, lavorano presso gli alberghi e i ristoranti; altri forniscono a queste strutture frutta, verdura, pollami e in alcuni casi anche carne bovina. La secolare situazione cambia radicalmente dopo il 1950/'60: è infatti fortissimo in quegli anni lo spopolamento della collina ed è sempre di quell'epoca l'avvio su grande scala del terziario. Nello stesso periodo e in campo sanitario non sono segnalate sul territorio di Saint-Vincent les Sages femmes cioè ostetriche, presenti invece nella parrocchia di Châtillon.