Piémartin

Siamo ancora sulla collina di Saint-Vincent, poco a monte di Perrière, a circa 1200 m. slm. e in queste poche righe si tenterà di descrivere due bellissimi villaggi composti nel seguente modo: il primo, Pié Martin Dessous conta cinque case mentre il secondo, Pié Martin Dessus poco più a monte, è in realtà composto da alcune case sparse delle quali una sola è molto vecchia. Ancora una volta siamo accolti da una natura, da un ambiente tipicamente montano formato però da un grande falsopiano che, ora dolcemente ora con terreni più scoscesi, forma un territorio davvero straordinario e, potremmo dire, quasi unico a Saint-Vincent. Quassù l’uomo si è insediato fin da epoche molto lontane; la ricchezza dei boschi che fanno da cornice al comprensorio e la terra sono certamente stati i due fattori che hanno favorito l’antropizzazione di questo territorio. Il panorama circostante si sviluppa a nord con l’imponente mole del Monte Zerbion e a sud con la parte centrale della nostra Valle; da un lato si ammirano le montagne della valle di Challand e dall’altra parte, alzando lo sguardo, possono vedersi gli alpeggi di Nuarsaz con la presenza, nella stagione estiva, di mucche al pascolo. Il toponimo Pié Martin è sicuramente conseguente alla presenza dell’uomo e, forse proprio, di Martin. Ma chi era Martin? Un boscaiolo? Un allevatore? Un coltivatore? Non lo sappiamo e da nessuna parte è dato sapere chi fosse questo Martin. Verosimilmente possiamo immaginare che sia stata la prima persona che, insediatasi in quella località, ha costruito una casa e lì si è stabilito con la famiglia e i suoi armenti; intorno alla sua casa si sarebbero in seguito edificate altre case e la località avrebbe poi preso quella denominazione. In realtà, e mancando totalmente altre indicazioni, questo è tutto quanto ci è consentito immaginare. Ciò che invece è evidente è la bontà della terra che opportunamente spietrata ha fatto di quel grande comprensorio una delle zone di Saint-Vincent più favorevoli alla coltura dei cereali; enormi “murgère” distribuite sul territorio ci parlano dell’immane fatica compiuta dai nostri predecessori per recuperare superfici idonee alla coltura cerealicola. Nel versante che in modo abbastanza accentuato declina verso l’alveo del torrente Grand-Valey si notano ancora oggi i resti di grandi muri edificati per sostenere pochi metri di terra idonea alla messa a dimora dei preziosi semi. Pié Martin era dunque parte integrante di quella grande coperta che con le mature messi si colorava di giallo e tingeva totalmente il territorio della nostra collina. Ai nostri giorni non vi è più nessun campo di grano e quanto detto ci viene riferito oralmente dagli anziani della zona che ricordano naturalmente i duri lavori che precedevano la semina così come nella loro memoria sono scolpite le lunghe giornate trascorse nei campi a falciare il grano; il trasporto del raccolto fatto sia a spalla che a dorso di mulo; e poi ancora il lungo e pesante periodo della battitura; la macinatura per concludere con la panificazione che avveniva quando ormai i campi erano già stati seminati per la prossima stagione. Rimembranze queste che fanno sorridere ma fanno anche provare dolore e tristezza nel vedere che oggi la campagna è stata totalmente riconvertita e che al posto dei cereali vi sono solo prati per foraggio e pascolo. Alcune zone sono poi state completamente abbandonate dall’uomo e rigogliosi noccioli selvatici si mescolano ai rovi. Eppure nei ricordi di molti anziani sono presenti, oltre al faticoso lavoro, anche le difficoltà incontrate per garantire sufficiente acqua ai campi mentre oggi l’intero comprensorio ha acqua in quantità e senza fatica essendo stato introdotto ormai da decenni il sistema di irrigazione “a pioggia” che garantisce la copertura di tutta la zona. Qualcuno, con la saggezza degli anni, malinconicamente afferma che “…siamo andati avanti per andare indietro…”. La coltura intensiva dei cereali era dunque il volano dell’economia delle famiglie stanziate in quei villaggi; a ciò si aggiungevano l’allevamento e la pastorizia che certamente davano un piccolo guadagno (o quantomeno la garanzia di mangiare). Il vicino bosco era naturalmente tenuto in debita considerazione dai residenti perché dal taglio degli alberi si traevano tronchi per l’edificazione delle case o assi per la costruzione di mobili; ma anche legname da vendere o da utilizzare per la combustione e quindi riscaldarsi nei lunghi e freddi inverni. Più in basso, in particolare a lato del già citato Grand-Valey, enormi piante di castagno garantivano frutti di qualità che, opportunamente raccolti, garantivano l’allontanamento dello spettro della fame. Altro non era offerto da questo territorio, ma questo era già decisamente molto! Molto povere le informazioni storiche concernenti questo piccolo agglomerato ma questo è senza dubbio da addebitare all’esiguo numero di residenti; parallelamente dagli archivi notarili si accerta una briosa attività di compravendita di terreni della zona, avvenuta nel XVIII secolo; quasi tutte le proprietà oggetto di compravendita sono censite a campo e questo primo indizio conferma quanto detto sopra. Il secolo citato e tutti quegli atti di compravendita ci fanno poi ragionare su quello che deve essere successo dopo l’avvenuta estinzione dei diritti feudali (1748); l’economia delle famiglie deve essere stata sicuramente sollecitata da un nuovo e più metodico sistema fiscale, per cui tutti coloro che ne avevano possibilità procedettero all’acquisto di beni a discapito di coloro che invece affossati nella miseria più nera dovettero vendere terreni per sopravvivere. Venendo ora all’architettura delle case soffermeremo il nostro interesse a Pié Martin Dessous che si trova a lato della mulattiera che da Perrière raggiunge Pra de Ran e della strada comunale. L’agglomerato, con piccolo lavatoio-abbeveratoio oggi è totalmente disabitato e conta cinque case; tra queste, veramente degno di nota, è un grande Rascard ancora in buono stato di conservazione la cui costruzione, o ricostruzione, sarebbe da datarsi al tardo XVII o XVIII secolo. Una sola casa è stata restaurata mentre il restante patrimonio abitativo sembra attendere tempi decisamente migliori; nel villaggio non vi sono edifici comunitari così come è assente l’edificio scolastico, una eventuale latteria o il forno. Assenti anche una cappella o un piccolo oratorio anche se su alcuni architravi in legno si notano incise alcune croci, segno della devozione dei residenti e della necessità di porsi sotto la protezione del Divino. Al termine di questo scritto si ricorda al lettore la particolare bellezza del luogo che cambia a seconda delle stagioni e dei conseguenti colori; la possibilità di percorrere antichi sentieri; di ammirare una natura decisamente integra e bella favorita da fioriture primaverili di incredibile fascino; di osservare animali selvatici di varie specie (tra cui timorosi caprioli, focosi cinghiali o maestosi falchi in volo di ricognizione) o, decisamente più tranquille mucche al pascolo o, infine, agricoltori al lavoro. Ecco! Questo è quanto offrono Pié Martin e tutto il comprensorio circostante. Al visitatore raccomandiamo come al solito di seguire la segnaletica; non vi è pericolo di perdersi mentre invece pericoli potrebbero venire incontro a coloro che andassero ad avventurarsi nelle strette gole del torrente Grand-Valey.

Crétier Piergiorgio