Grun

Grande villaggio collinare posto a poco meno di 1000 m slm. in un comprensorio veramente eccezionale anche se non dispone di una particolare panoramicità; le case, molto antiche, risultano addossate le une alle altre e le possenti costruzioni in pietra si mescolano armoniosamente ai bellissimi rascards alcuni già totalmente recuperati con sapienti restauri. Il toponimo Grun è di origine germanofona; è frequentemente riferito ad una zona boscata di media e alta montagna e spesso indica un rilievo o comunque un comprensorio di fondo vallivo. Ma se questo ragionamento ci porta a pensare e a ricordare insediamenti Walser o comunque a famiglie di origine e cultura tedesca insediate sul nostro territorio collinare non dobbiamo dimenticare che al limitare della dorsale di Grun, poco distante dal Santuario, si trova un pianoro che i locali indicano con il nome di Lo Tzateler (ovvero Il Castelliere, cioè una struttura di avvistamento e forse anche di difesa, decisamente antica, edificata per difendere il villaggio). La presenza di questa struttura, di cui oggi non rimane nulla e che non sembra ancora essere stata studiata dai ricercatori, confermerebbe che il comprensorio di Grun è stato antropizzato dall’uomo fin dall’antichità. Il toponimo Grun, che pur con lo scorrere dei secoli mantiene invariata l’attuale grafia, compare comunque fin dalle più antiche carte giunte a noi e concernenti questo paese; l’importanza del sito è sottolineata da numerose attestazioni che ci confermano e ci descrivono una comunità particolarmente laboriosa e attiva. Le più antiche carte concernenti questo, e altri villaggi della nostra collina, risalgono al XIII e XIV secolo e ci informano, seppure con discontinuità, di concessioni feudali, di compravendite, di cessioni e di altre situazioni per nulla dissimili dalla casistica dell’epoca. Pur con buona disponibilità di acqua per le necessità delle famiglie e degli armenti, anche da questo villaggio ci si mobilitò nel 1393 per sostenere l’iniziativa che mirava alla costruzione del Ru Courtaud (o Ru de la montagne o ancora Ru d’Ayas) i cui lavori, come già ampiamente ricordato durarono circa quarant’anni. Le famiglie insediate a Grun, o aventi terreni da irrigare in quel comprensorio, godevano dei benefici dell’acqua proveniente dal cosiddetto Ramo A nella giornata di venerdì; il prezioso liquido permise anche a questa comunità di crescere socialmente e di averne dei benefici economici di tutto rispetto. Benefici economici che non passarono inosservati e che furono causa di imposizioni fiscali di notevole peso fin dall’epoca medievale così come attestano alcune Reconnaissances, cioè registri di natura fiscale all’interno dei quali sono elencati nominativi di persone e strutture famigliari e comunitarie soggette a tassazione. Nel 1422 il nobile Francesco di Challand, signore di Saint-Vincent, sottolineando il fatto che ama particolarmente la nostra comunità, chiede una particolare regolarizzazione burocratica delle investiture feudali e in cambio riceve dai residenti della nostra collina (felici e contenti per le belle parole di fedeltà e di amore per i benigni riconoscimenti nei loro riguardi e in quelli dei loro antenati) la non trascurabile somma di 200 fiorini d’oro a titolo di “una tantum”. Evidentemente l’economia, sorretta dalla presenza benigna dell’acqua del canale Courtaud, crebbe in maniera esponenziale se consideriamo che nel 1502 l’intero territorio è nuovamente soggetto ad una nuova imposizione fiscale questa volta promossa direttamente dall’Autorità Ducale e decisamente molto pesante. In seguito, tante altre volte il maglio del fisco (straordinario mezzo inventato dalle Amministrazioni per garantirsi danaro per sostenere i propri sistemi burocratici) si abbatterà con sempre maggior forza sulle comunità che tanto faticano per produrre ma che nulla ricevono in cambio. Con l’estinzione dei diritti feudali avvenuta nel nostro paese nel 1748, la nostra collina da sola pagò i 2/3 dell’intero ammontare; gli abitanti di Grun naturalmente (e purtroppo!) concorsero come tutti gli altri residenti della collina a sostenere tale imposizione che in seguito, con sempre maggiore determinazione, proseguì nel tempo. Certamente il volano dell’economia era la cerealicoltura che ebbe una grande importanza così come altre colture minori quali la canapa, la castagna, il noce e l’industria del legname attivata sia per consumi domestici che per lavorazioni e fabbricazioni di case e mobilio; vi è da ritenere che anche l’allevamento del bestiame, e sua commercializzazione, avesse per le famiglie una grande importanza. Questo necessario inserto dimostra che la crescita delle nostre comunità insediate sulla montagna, con tutte le difficoltà del caso, fu resa possibile solo dalla determinazione delle persone. Il villaggio è stato costruito con le abitazioni addossate le une alle altre, su di un declivio della montagna, a valle di una grande sorgente, e al riparo dai venti freddi provenienti dal nord; tutte le costruzioni, alcune delle quali architettonicamente davvero significative, hanno mantenuto con il passare del tempo quella patina di antico, ma nel contempo razionale e ragionato, uso e sfruttamento del territorio. La viabilità interfrazionale è stata sempre garantita da una fitta rete di piccole mulattiere e sentieri mantenuti in buono stato dai residenti con l’onnipresente sistema delle Corvée, cioè con la fattiva collaborazione di tutti e con la prestazione d’opera espressa in modo totalmente gratuito. Il villaggio si era dotato di tutte le strutture comunitarie necessarie: ben due lavatoi-abbeveratoi, un forno (da poco restaurato per volontà e con il concorso economico della locale Amministrazione Comunale), una cappella da sempre indicata con l’appellativo di Santuario; la presenza di un edificio sacro merita però un piccolo inciso di carattere storico. Come è noto il Santuario fu edificato nel 1726 dal sacerdote Pierre Bréan originario di Brusson ma è impensabile che in precedenza, e in una così grande e affollata comunità, non vi fosse un altro edificio sacro in cui ritrovarsi per pregare; a sostegno di questa tesi ci sorreggono alcune informazioni che farebbero credere che in precedenza esistesse già una cappella (ma forse anche un solo e magari modesto oratorio) posta sotto la venerazione di San Lorenzo, santo che è tutt’oggi considerato dai locali come il primitivo patrono del villaggio. Il Santuario, posto sotto la venerazione della Vergine Immacolata, fu voluto e concepito da un sacerdote morto in odore di santità: Pierre Bréan; nel 1725 egli stipula una convenzione con gli abitanti della frazione e con quelli del limitrofo villaggio di Valmignana. All’interno di questa si parla del terreno su cui edificare il Santuario, dei mezzi economici garantiti dai sottoscrittori e di tutte quelle cose che garantiranno agli uni le funzioni e agli altri la sopravvivenza dell’idea. Curioso è rilevare che i sottoscrittori (18 uomini dei due citati villaggi) portano i cognomi Séris (ben 14!) e Mellier (Mellé, quattro); il sacro edificio diventerà fin dalla sua nascita (avvenuta però tra molti contrasti e difficoltà) un vero centro di devozione alla Vergine e lassù accorreranno fiduciose tantissime persone malate nel corpo e nello spirito. Alcune volte si griderà anche al miracolo ma la morte del sacerdote Bréan farà scemare l’interesse dei devoti per quel Santuario edificato in posizione privilegiata su di un promontorio da cui si gode un meraviglioso panorama sull’intera valle. Dagli anni cinquanta sulla facciata del Santuario troneggia un grande affresco che rappresenta il Trionfo di Maria e che fu dipinto dal noto artista locale Italo Mus. L’interno è molto lineare ed è un vero sacrilegio il furto commesso alcuni decenni or sono; in quella triste occasione fu rubata l’antica pala dell’altare e altri oggetti minori tra cui alcuni ex voto lasciati dai fedeli durante le loro visite al Santuario; tutt’oggi, seppure molto limitati nel numero, restano conservati all’interno alcuni ex voto in cera d’api e alcuni quadretti. Non distante dal sacro edificio fu edificata anche una piccola abitazione che doveva servire come domicilio del Rettore e come punto di accoglienza per i fedeli bisognosi, ma unico Rettore fu il già citato Bréan e la rettoria (in questo modo è indicata dai residenti quella piccola dimora) fu addirittura incendiata e parzialmente distrutta durante l’ultimo conflitto bellico durante una rappresaglia nazifascista. Non distante dal villaggio e prossima ad un corso d’acqua fu funzionante, riteniamo per secoli, un vecchio mulino denominato lo molin de pra; ai nostri giorni di questa importante struttura non resta un solo sasso e i soli ricordi sono ricavati dal toponimo che si è mantenuto inalterato malgrado la totale scomparsa del manufatto e nelle antiche carte dalle quali si ricava l’informazione secondo cui la gestione e la proprietà erano della famiglia Séris. Poche anche le informazioni riguardanti la scuola fondata nel villaggio nel corso dell’anno 1812 e rimasta in attività fino al 1940 circa; la sua fondazione si deve a specifiche direttive emanate nel XVIII secolo dall’allora vescovo della Diocesi di Aosta che in questo modo voleva garantire l’istruzione in modo capillare su tutto il territorio e in particolare nelle campagne per combattere l’analfabetismo e tutta una lunga serie di credenze assai poco cristiane e molto radicate tra la popolazione. L’edificio che ospitava i ragazzi era parte di un’abitazione privata all’interno della quale un maestro (solitamente un prete) pagato dalle famiglie del villaggio, dalla locale Chiesa e da donazioni e legati attivati da persone benestanti, insegnava i primi rudimenti della religione, dell’ABC e della matematica per un periodo di circa tre mesi; l’insegnamento era effettuato solo nella stagione invernale quando cioè il lavoro dei campi non assorbiva il tempo dei bambini. Oggi, per quanto sembri incredibile, è estremamente difficoltoso individuare questo edificio all’interno del quale intere generazioni hanno imparato a scrivere riscaldati da un camino, da una povera stufa o direttamente all’interno di una ben più calda stalla. Anche nel caso di Grun è presumibile che il combustibile per camino e stufa fosse garantito dagli stessi ragazzi che recandosi a scuola portavano la legna necessaria. Personaggio di rilievo della frazione è senza dubbio l’Abbé Pierre Bréan, fondatore del Santuario; questo ecclesiastico, nato nel vicino comune di Brusson nel 1672, fu ordinato sacerdote nel 1703 dopo anni di studi intensi compiuti presso la Scuola Francescana di Lione (Francia). Viceparroco in diverse parrocchie della nostra regione, tra cui anche Saint-Vincent, fu nominato parroco di Chambave dal 1720 al 1722 e in seguito, con uguali funzioni, a Pontey. L’Abbé Pierre Bréan era persona di grandissima cultura (aveva a Grun una biblioteca composta da oltre 150 volumi) e di altrettanto grande fede (nel corso degli studi aveva dibattuto la tesi secondo cui la Vergine Immacolata era stata concepita senza peccato e questo ben prima che la stessa Chiesa per bocca di Papa Pio IX ne proclamasse il dogma nel 1854). Autentico e sincero innamorato della Madonna lasciò numerosi scritti concernenti le meditazioni di tutti i giorni, sermoni, trattati di teologia e raccolte di preghiere. Questo interessante materiale è oggi conservato presso la Biblioteca del Seminario Maggiore di Aosta. Ai nostri giorni il villaggio di Grun si presenta come uno dei più popolosi dell’intera collina grazie anche alla ferma e determinata volontà dei residenti di non allontanarsi da questo bellissimo centro di montagna che ha saputo, in particolare nel restauro e nel recupero dei suoi volumi abitativi, conservare quella freschezza del semplice e nel contempo quella dinamicità propria dei piccoli centri, desiderosi però di mantenere una loro identità. Si consideri che quando circa cinquant’anni fa, epoca in cui la locale Amministrazione Comunale faceva costruire la strada collinare, si ebbero da Grun numerose contrarietà al progetto che sarebbe dovuto penetrare nell’antico nucleo delle abitazioni, stravolgendolo. I residenti, pur riconoscendo l’importanza della strada, domandarono un percorso alternativo e senz’altro meno violento nei confronti di un territorio e di una frazione che, ben prima di tanti altri, aveva giocato il suo futuro sul rispetto dell’ambiente. Nel tempo le necessarie rettifiche e ampliamenti dell’importante strada regionale che passando per il Colle di Joux prosegue verso Brusson hanno rispettato quelle indicazioni e quelle volontà, peraltro fermamente recepite da tutti i residenti. Oggi, raro se non unico caso di tutta la collina di Saint-Vincent, quasi tutte le abitazioni della frazione sono state recuperate con abile e sapiente restauro e intelligente rispetto dell’esistente e con esso della storia che, meno silenziosa di quanto sembri, si mostra al visitatore nelle architetture ricercate dei secolari rascards o nelle più borghigiane abitazioni in pietra inserite in un territorio montano decisamente aspro ma nel contempo latore di fresche essenze derivate dai boschi di castagno e larice o dai fioriti pascoli, un tempo campi di pregiati cereali...

CRETIER Piergiorgio