Renard

Alle volte è difficile riuscire a “leggere” il territorio per tentare di capire e di immaginare come fosse stato antropizzato dall’uomo in tempi ormai lontani; è il caso del villaggio di Renard, situato a 575 metri slm., a ponente dell’antico borgo e poco a sud dell’imponente edificio del Grand-Hotel Billia. Da alcuni decenni quel ricco territorio, composto da una grandissimo pianoro che degrada dolcemente verso il fondovalle occupato dall’argenteo corso del fiume Dora, è stato totalmente rivoluzionato dall’uomo per le sue moderne necessità: estesi e rigogliosi vigneti inframezzati da verdi praterie coltivate a foraggio e destinate al pascolo, hanno lasciato il posto a importanti, e peraltro necessarie, direttrici viabili e a meno gradevoli superfici occupate da parcheggi “a raso” utilizzati dai frequentatori della vicina Casa da Gioco. Per contro il villaggio ha mantenuto quella delicata sobrietà tipica dei centri rurali che per secoli sembrano aver sonnecchiato pur con il marcato dinamismo dei suoi abitanti. Il grande pianoro su cui molti secoli or sono fu edificato Renard è stato modellato dall’acqua: le tumultuose piene del vicino torrente Grand-Valey hanno, infatti, riversato sulle campagne una grandissima quantità di materiale alluvionale che l’uomo ha saputo adattare alle sue esigenze e necessità. Lo spietramento del suolo e le abbondanti concimazioni, unitamente ad altri interventi mirati, hanno reso quel comprensorio particolarmente fertile e conseguentemente funzionale all’attività agricola dell’uomo; ma alcune migliaia di anni fa, nell’esatto punto in cui si erge oggi la frazione, si poteva agevolmente sedersi, e forse anche pescare o andare in barca, su di un grande lago formatosi a seguito di una grandissima frana che aveva ostruito il corso della Dora nei pressi di Montjovet. Questo succedeva però quindicimila anni fa! In seguito, ma non sappiamo quando questo accadde, la diga cedette, l’acqua defluì e l’uomo prese pieno possesso di questo territorio nato e modellato dalle acque ora chiare e limpide ora invece minacciose, nere e cariche di limo. Anche gli animali si impossessarono di quel comprensorio e c’è da immaginare che l’origine del toponimo Renard sia conseguente alla presenza in loco di numerose famiglie di volpi. Sull’origine del toponimo non sembrano esserci altre indicazioni ed eventuali studi specifici sono ancora di là da venire. Per la sua posizione prossima al già citato torrente Grand-Valey e ad un'importante direttrice del Canale della pianura, poco a valle di questo abitato erano state realizzate nel secolo XIX una forgia ed una segheria che avevano come forza motrice l’acqua del vicino canale. La forgia, la cui superficie dell’edificio era stimata in circa cinquanta metri quadrati, era stata presumibilmente ricostruita nel corso del 1896 da tale Luigi Borra. Questo artigiano del ferro si troverà nel corso del 1930 alle prese con la burocrazia e in particolare con la Direzione Generale delle Acque e degli Impianti Elettrici che gli negheranno l’antica utenza e vieteranno il conseguente sfruttamento dell’acqua. Anche per queste ragioni l’impianto che aveva al suo interno un “martinetto”, e che produceva soprattutto oggetti per gli agricoltori, verrà chiuso e l’attività trasferita altrove. La segheria fu invece costruita negli stessi anni in cui la forgia cessava l’attività e fu fortemente voluta da Jules Baudin, figlio di famiglia originaria della Valle di Champorcher; l’edificio, naturalmente edificato nei pressi del canale, consisteva in una sorta di torre quadrangolare priva di tetto ma dotata nella parte superiore di una sorta di contenitore per l’acqua proveniente dal canale, quasi una piscina! L’acqua vi giungeva da canalizzazioni artificiali in legno posizionate su arditi ponteggi; secondo le necessità dell’imprenditore un semplice gioco di leve permetteva di scaricare il prezioso liquido su una grande ruota che a sua volta dava movimento agli ingranaggi situati all’interno. Questo valido, attivissimo e frequentato laboratorio rimase in attività fino allo scoppiare del secondo conflitto mondiale; in seguito lo stabile, abbandonato a se stesso, fu demolito nei primi anni ottanta in quanto gravemente pericolante. La più importante attività del villaggio fu però per molto tempo la piccola ma funzionale Centralina per la produzione di energia elettrica; lo stabile, oggi quasi abbandonato a se stesso, fu costruito nei pressi del canale, ha una forma quadrangolare e robuste murature in pietra e mattoni. Il tutto è sormontato da tetto in tegole a quattro falde. In una lunetta, ricavata sopra l’ingresso principale, una piccola grata in ferro riporta la data 1896 e due iniziali: UD. Queste si riferiscono al costruttore, tale De La Pierre, presumibilmente genitore di colui che nel 1901 edificherà la grande villa padronale in regione Vagnod composta da due volumi collegati da un corpo basso con tetto a falde. La denominazione tradisce l’ispirazione gressonara, evidenziata anche dalla muratura esterna in pietra a vista con giunti a raso e dai rivestimenti lignei dei locali interni (G. Nebbia, Architettura moderna in Valle d’Aosta tra l’800 e il 900, Aosta, Musumeci, 1999). Per concludere la storia della piccola centralina elettrica di Renard sappiamo che verso il 1930 cessò di funzionare, anche se un guardiano rimase in loco ancora per un po’ di tempo. Esattamente di fronte a questo edificio, in una vecchia abitazione, fu invece operativa per tantissimo tempo, un’osteria che le cronache orali dei vecchi residenti ricordano essere stata gestita per decenni da tale Alfonso Page. Oggi la casa si presenta abbandonata a se stessa anche se sulla parete esterna, a levante, si legge ancora la destinazione commerciale dell’edificio: Caffé-Vino Birra-Gassosa. Poco distante, a nord, è posizionato da moltissimi anni uno dei due fontanili di cui era dotato il villaggio. Nel corso del 1892 anche a Renard, a seguito dell’introduzione di nuove normative nazionali, fu redatto il Verbale di Delimitazione di Proprietà, valido per tutto il comprensorio di quella frazione (Archivio Comunale, Catasto, n. 189). Per ciò che concerne ancora il territorio dobbiamo segnalare un importante passo compiuto dalla locale Amministrazione Comunale nel corso dell’anno 1954; quell’anno, a seguito di un ennesimo straripamento del torrente Grand-Valey con conseguenti enormi danni alle campagne e alle colture, si decise di promuovere un’inchiesta, con conseguente raccolta di dati, finalizzata a meglio comprendere e difendere il territorio dal già citato torrente che non solo penalizzava tutto il comprensorio depositando abbondante materiale alluvionale ma erodeva gravemente le sponde e il suolo (dettagli in: Archivio Comunale, Sicurezza Pubblica, n. 520/6). L’architettura di questa frazione si presenta con volumi abitativi e di servizio relativamente recenti e vi sono pochissimi casi di dettagli rapportabili molto indietro nel tempo; ciò non ostante si segnalano nel nucleo del villaggio interessanti adattamenti della sua comunità alla vita rurale. Oggi alcune abitazioni sono state completamente ristrutturate con pregevoli lavori di restauro e con estrema attenzione ai particolari e a quanto ha rappresentato nel tempo questo villaggio così vicino al borgo ma nel contempo così, permettete l’aggettivo, lontano e fiero del suo finto isolamento. Le famiglie stanziate in quella frazione si sono sempre dedicate all’agricoltura (in particolare coltura della vite e del foraggio) e all’allevamento; viene però ricordato che nelle estese praterie verso la fine del XIX secolo e inizio di quello successivo, erano anche coltivate verdure da destinare alla vendita presso gli alberghi e le locande del borgo. Naturalmente vi erano numerose e gigantesche piante di noce necessarie alla produzione del pregiato olio e di prelibate pere denominate Martine in onore del grande santo Martino festeggiato in novembre, periodo in cui questo gradevole e ricercato frutto inizia la maturazione. In tempi recenti anche questo villaggio è stato parzialmente abbandonato dai suoi residenti che per necessità hanno scelto la strada dell’emigrazione; coloro che sono rimasti hanno però assistito ad una rapida e per certi versi violenta trasformazione del territorio che ha totalmente stravolto l’originale paesaggio e la secolare tranquillità di Renard. Verso la fine degli anni Sessanta del ventesimo secolo, naturalmente in nome del progresso!, si è stabilito che il nostro paese necessitava di una nuova arteria viaria per allontanare dal centro cittadino l’enorme flusso di autoveicoli che ingenerava paurosi ingorghi e rumori molesti uniti ad un inquinamento davvero non sopportabile in una stazione termale che sul silenzio e sulla tranquillità e sulla purezza dell’acqua aveva da sempre giocato le sue carte in funzione dei suoi illustri e numerosi ospiti che qui giungevano per ritemprarsi presso le Terme. Le autorità decisero quindi di far costruire una grande strada denominata Circonvallazione Sud; le campagne a sud del villaggio di Renard furono tagliate in due dal grande terrapieno che sostiene questa costruzione e vaste superfici di terra precedentemente coltivate per secoli con passione e straordinaria dedizione furono sacrificate in nome del progresso e delle sue necessità. Ma questa, che oggi si riconosce essere un’importante struttura, era solo la prima di una serie di opere; dopo la Circonvallazione Sud fu la volta dell’ippodromo e nuovamente estese praterie lasciarono il posto, prima ad un piccolo maneggio, poi ad una struttura molto più grande ed articolata con stalle capaci di ospitare centinaia di cavalli qui giunti per concorrere a gare internazionali di altissimo livello; nell’esatto punto in cui pochissimi decenni prima pascolavano tranquille mucche si assistette per un decennio circa alle evoluzioni di cavalieri aventi nomi che tanto lustro hanno dato all’ippica italiana e internazionale: Mancinelli e Dinzeo, tanto per citarne due. Cavalli dal “sangue blu”, dai nomi aristocratici e di grandissimo valore hanno calcato con evoluzioni prestigiose quelle terre. Poi anche l’interesse per l’Ippica decadde, i pochi cavalli della locale scuderia furono portati altrove e per un certo lasso di tempo tutti quegli estesi terreni furono abbandonati, anche se nel contempo una schiera di progettisti immaginava già su quel territorio una grande costruzione polivalente capace di ospitare anche anteprime cinematografiche e spettacoli musicali da godersi in loco o più comodamente seduti davanti alla televisione di casa. La struttura doveva rispondere alle tante necessità della vicina Casa da Gioco e tra le cose immaginate non mancavano i grandi incontri di Boxe unitamente ad altri eventi sportivi aventi comunque tutti rilevanza internazionale. Tutto rimase però a livello progettuale e non se ne fece nulla; in alternativa, e la storia è molto recente, si decise che su quel comprensorio era logico immaginare e localizzare i parcheggi necessari alla funzionalità della già citata e vicina Casa da Gioco. Il territorio cambiò nuovamente fisionomia e l’asfalto fu distribuito in grande quantità anche se furono creati spazi verdi con alberi per rendere più gradevole quello che comunque in tanti definiscono con il solo nome di parcheggio. Il ricordo di tutte queste evoluzioni progettuali rimase naturalmente nella memoria degli anziani residenti che nel corso dei decenni videro persa sia la tranquillità che la terra, che per secoli aveva garantito un certo benessere alle famiglie. A Renard non si segnalano edifici comunitari quali ad esempio torchi per le vinacce o forni per la panificazione; i ragazzi della frazione partecipavano alle lezioni scolastiche negli edifici situati nel borgo. Nel villaggio non vi è una cappella per cui i devoti fedeli, per ottemperare alle loro necessità spirituali, dovevano recarsi nella chiesa del borgo o nelle limitrofe cappelle di Cisseyaz e Moulins (a monte della frazione) o in quella di Glereyaz a valle. Oggi un piccolo oratorio ricorda i momenti di grande fede vissuti a Renard e solo la memoria storica di pochi anziani ricorda il passaggio in questo piccolo centro della Processione delle Vigne che qui giungeva dopo aver fatto tappa a Glereyaz e prima di sostare nella cappella di Cisseyaz situata più a monte a poche decine di metri.

CRETIER Piergiorgio