Fromy

Parliamo in questo caso del grande pianoro situato a monte del villaggio di Amay a una quota di circa 1600 m. slm. poco a lato del più noto comprensorio del Colle di Joux. Il territorio è caratterizzato da ampie praterie totalmente contornate da una maestosa foresta di aghifoglie culminate sulle cime circostanti tutte situate a nord: i Monti Fromy (1859 m.) e Jetire (2146 m.), la Cima Botta (alta 2042 metri, prende il nome dalla forma arrotondata della sua cima), il Picco Bellin (2482 m.) e infine il maestoso Monte Zerbion che dall’alto dei suoi 2722 metri sembra voler dominare e nel contempo proteggere tutto quell’esteso territorio in cui vivono incontrastate alcune tra le più importanti e belle razze di animali tipici delle Alpi e di quel particolare ambiente. In questo meraviglioso habitat naturale convivono camosci, stambecchi, caprioli, aquile reali, falchi, volpi, cinghiali, e poi ancora galli cedrone, pernici, passeracei di numerose specie, scoiattoli, topolini di campagna e formiche. Un territorio intatto, un sottobosco molto ricco di frutti e la presenza di acque sorgive (purtroppo molto rare!) permettono a tutti questi animali di vivere e riprodursi. Il toponimo Fromy ha tratto quasi sicuramente la sua origine dalla presenza in loco di miliardi di formiche e dalle centinaia di tumuli di diversa grandezza (costruiti dalle formiche e disseminati soprattutto nel sottobosco), che nel dialetto locale prendono il nome di Fromié cioè formicai. Queste costruzioni, costituite da miliardi di aghi di pino ammonticati gli uni sugli altri, sono utilizzate da questi operosi insetti come ricoveri e come magazzini di alimenti; nel loro interno sono conservati i cibi che saranno consumati durante il lungo inverno, sotto la neve. Questi formicai, protetti dalle leggi sull’ambiente e da quelle sul rispetto della natura e, infine, da quelle sul buon senso, sono una splendida miniera di informazioni sull’operosità e capacità di adattamento di questi animali ai climi freddi. L’uomo, una scoperta recente! arrivò quassù molto tempo dopo e, intravista la possibilità di sfruttamento del territorio, cercò di ambientarsi; in corrispondenza del grande pianoro furono tagliate tutte le piante per fare spazio a superfici da destinare sia alla coltivazione dei cereali sia genericamente al pascolo. A Fromy, ai nostri giorni, i campi non esistono più; il terreno un tempo destinato ai cereali è stato riconvertito e tutti i prati sono stati destinati allo sfalcio del ricco foraggio che è generalmente raccolto e portato nelle frazioni di Amay o in altre località per essere consumato durante l’inverno. Non è noto il periodo in cui l’uomo decise di edificare le prime case in quella montana località; verosimilmente le prime costruzioni (fienili e stalle) furono costruite facendo largo uso del legname fornito generosamente dai vicini boschi. Con l’avvento della cerealicoltura e più in generale di uno sfruttamento più metodico del comprensorio fu necessario costruire case più solide con locali aventi diverse finalità: naturalmente la stalla per il ricovero degli animali ma anche piccole cantine per la conservazione del latte e dei suoi derivati, fienili e forse granai, ma soprattutto un locale polivalente destinato alle persone che lassù vivevano per molti mesi. La quasi totale assenza di sorgenti d’acqua ha certamente limitato l’insediamento continuativo dell’uomo; non risulta infatti che a Fromy abitasse qualcuno in modo stabile durante la stagione invernale. Il patrimonio abitativo di Fromy è costituito da alcune baite addossate le une alle altre e da alcune case sparse, nonché da due costruzioni risalenti ai decenni passati. Purtroppo solo due antiche costruzioni sono state recuperate; tutto il resto delle abitazioni è gravemente lesionato o irrimediabilmente perso. In questo caso non si ritiene di poter definire Fromy propriamente un villaggio ma più semplicemente un insieme di casolari di montagna. La tranquillità del sito è stata parzialmente compromessa negli ultimi dieci anni quando poco a monte del pianoro è stato edificato un grande complesso residenziale che di fatto ha stravolto un territorio che per secoli aveva saputo mantenere un suo particolare fascino accompagnato da un’incredibile naturale bellezza. Le poche informazioni storiche concernenti questa località ci raccontano della normale vita quotidiana delle persone che lassù avevano delle proprietà che per varie situazioni erano soggette a compravendita. Nel corso del 1951 presero avvio i lavori per la costruzione della Cappella dei Partigiani, che come è noto fu voluta dal Comandante Edoardo Page, è situata poco a valle del pianoro di Fromy; la sabbia necessaria al manufatto, che fu ultimato nel 1962, fu scavata e lavata a Fromy poi, con un ingegnoso sistema di canale e con l’ausilio di slitte, tutto il materiale necessario fu reso al cantiere. Negli anni sessanta quel territorio fu attentamente studiato per verificare se vi era la possibilità di sfruttare a fini commerciali il marmo esistente; furono impiantate tutte le strutture e i lavori presero avvio, ma ben presto ci si rese conto che il marmo, seppure caratterizzato da splendide venature e colori, era di pessima qualità e che comunque la “vena” non avrebbe garantito un reddito adeguato pur con uno sfruttamento intensivo del territorio. L’avventura si concluse di lì a poco e oggi alcune rocce squadrate dall’uomo e resti di blocchi in aperta campagna sono muti testimoni di un’iniziativa che purtroppo non ebbe successo. Nel centro di questo grande anfiteatro naturale alcuni anni or sono gli Alpini di Saint-Vincent hanno edificato su di una grande roccia affiorante dal terreno, un altare sul quale ogni prima domenica di agosto è celebrata una funzione religiosa che vede sempre una grande partecipazione della popolazione e degli stessi Combattenti che in questo modo rinnovano il ricordo dei Caduti di tutte le guerre mentre il loro cuore ringrazia Dio e la Vergine che li hanno aiutati nei difficili momenti vissuti durante i vari conflitti a cui hanno partecipato. Fromy è particolarmente affollato da tanti turisti durante la stagione estiva; questi, lasciata la macchina, si inoltrano sulle numerose mulattiere e piste forestali che sembrano perdersi in quei boschi silenziosi e freschi alla ricerca di tranquillità e di forti contatti con la natura; i panorami più belli sono però riservati a pochi utenti e a due stagioni solitamente non affollate da persone: la primavera e l’autunno. Nel primo caso, ormai sciolte le nevi, si può assistere all’esplosione della natura che qui più che altrove propone scenari spettacolari con fioriture dai mille odori e colori; invece in autunno, quando gli abeti e i larici sono ormai abbigliati con colori tipicamente pre-invernali, si assiste al forte contrasto tra questi e i tramonti celestiali vissuti sotto cieli carichi di intensi emozioni.

CRETIER Piergiorgio