Pioule

Per moltissimi il nome Pioule non dice nulla, non se ne è mai sentito parlare; grazie al progresso (sic!) il villaggio è stato completamente raso al suolo alla fine degli anni settanta e oggi al suo posto sorge una struttura abbandonata che fu all’epoca destinata a poligono di tiro e utilizzata per pochissimi anni. Eppure Pioule ha avuto una sua storia, una sua architettura, una sua economia e, in particolare, un discreto numero di residenti nella seppure piccola superficie abitativa. Questo villaggio era situato a circa 600 m s.l.m. su un promontorio discretamente pianeggiante in una posizione paesaggistica davvero invidiabile; il comprensorio era caratterizzato da numerose rocce affioranti e da un habitat tipico della media montagna dove l’uomo in epoca imprecisata si era insediato con i suoi armenti, le sue piante di vite e i suoi semi di cereali da mettere a dimora. Le difficoltà di questo insediamento si devono essere presentate subito ai primi abitatori ma, malgrado la poca terra e l’assenza quasi totale di acqua, l’uomo decise di stabilirsi lassù. I grandi e spettacolari panorami che oggi apprezziamo tanto, verosimilmente non furono un punto a favore delle scelte abitative dell’uomo; semmai era il contrario. Tutto si presentava sotto l’aspetto negativo; occupare e prendere possesso di quel territorio significava avere problemi di mente! Eppure le rarissime foto ci raccontano di un agglomerato discretamente esteso composto da circa una decina di case e dall’architettura di due di questi edifici sembrerebbe potersi affermare che le costruzioni furono innalzate nel tardo medioevo: la solidità e lo spessore delle mura, i bellissimi cantonali in pietra lavorata, le aperture con archi ribassati e “a botte” ci portano molto indietro nel tempo; nelle case si immaginano gli spazi abitativi che erano distribuiti su due o più livelli dotati di tutti i locali di servizio: stalle, cantine, magazzini e fienili. Non paiono esserci indicazioni concernenti l’etimologia del nome Pioule (nelle carte si ritrova anche Piolle, Pioulle, Piole, ecc.) così come non abbiamo informazioni circa l’epoca in cui sorsero le prime abitazioni; per contro dalla documentazione presente nei vari archivi siamo a conoscenza del fatto che il probabile periodo di maggior densità di residenti è da localizzarsi tra i secoli XVI e XVIII. Certamente l’attività dei residenti era prettamente agricola con particolare attenzione alla viticoltura qui favorita da fattori ambientali e climatici davvero notevoli. L’economia era sicuramente sorretta anche dai ricavi derivanti dalle noci (e dal pregiato olio ricavato dopo la pressatura) e dalle castagne, raccolte però nei boschi esistenti sulle colline retrostanti che raggiungono il grande pianoro su cui sorge la millenaria chiesa di San Maurizio di Moron. Nell’archivio comunale sono conservate numerose carte che ci raccontano fatti, persone e situazioni quotidiane accadute nel villaggio di Pioule. A titolo di curiosità se ne citano alcuni; il più vecchio documento (1593) è un atto di compravendita all’interno del quale tale Louis Gorris vende a Jean Martinod un campo ed un incolto; successivamente questo Martinod lo ritroveremo una prima volta nel 1618 mentre con altre due persone stipula una convenzione per l’uso e le manutenzioni di un torchio per le vinacce esistente nel vicino villaggio di Ronc Damon e una seconda volta nel 1632 in un momento storico davvero tragico in quanto caratterizzato dall’epidemia di peste. Quell’anno, malgrado il morbo, nel tardo autunno acquisterà da due fratelli Clappey parte di un immobile sito nel villaggio di Pioule; nei decenni si susseguono in zona numerose compravendite che, indirettamente, ci raccontano di una non comune vitalità e di uno specifico interesse per quel villaggio e per le campagne di quel comprensorio. Coinvolti saranno ancora dei rappresentanti delle famiglie dei Martinod, dei Gorris, dei Cornaz, dei Torrent, dei Fleur e dei Charrière; a proposito di quest’ultimo cognome si deve segnalare un prezioso “Contrat de mariage” risalente al 28 gennaio 1699 che ci racconta un piccolo attimo della vita sociale e famigliare di quel villaggio. Quel giorno a Pioule, nella casa di Jean-Vincent Fleur e alla presenza dei testimoni, è stipulato dal notaio Martin Obert il contratto di matrimonio tra Antoine figlio di Martin Gorris e Catherine figlia di Laurent Charrière; l’atto contiene molte clausole e in particolare elenca i beni immobiliari, mobiliari e fondiari che le parti porteranno in dote. Tra le cose curiose contenute nella carta si parla anche di diritto all’uso del forno (che quindi era esistente nel villaggio) e all’acqua, proveniente dal ruscello che scende dalla chiesa di San Maurizio di Moron. Le testimonianze orali ci raccontano che in tempi relativamente recenti quasi tutto il villaggio fu abbandonato e una sola famiglia continuò ad abitare in quella frazione fino alla metà degli anni Settanta quando furono acquistati tutto il nucleo abitativo e le campagne del comprensorio; una larga e comoda strada giunse, quasi con arroganza, dove prima regnava solo il silenzio modulato però dal canto delle cicale. Il villaggio venne totalmente raso al suolo e la stessa collina fu spianata, peraltro con grande difficoltà e con abbondante uso della dinamite a causa delle rocce; sul grande pianoro, precedentemente occupato dalla collina, furono edificati un grande capannone in cemento, aree di parcheggio e servizio e ben tre campi da tiro che per alcuni anni fecero da sfondo ad uno sport oggi fortunatamente vietato: il tiro al piccione. Secoli di storia, e ambienti di incredibile bellezza e fascino, furono cancellati da una discutibilissima moda che poco tempo dopo fu fortunatamente vietata e che costrinse nuovamente al silenzio ciò che restava di Pioule, e questa volta senza l’accompagnamento delle cicale.

CRETIER Piergiorgio