Clapéaz

Clapéaz è un piccolo villaggio situato a circa 700 m. s.l.m. poco a monte del borgo di Saint-Vincent in posizione decisamente privilegiata, quasi una naturale balconata ben esposta al sole e luogo da cui si domina l’intero centro valle della nostra regione. Il toponimo della località, pur ritrovandolo scritto in numerose varianti (Clappea, Clapeyaz, Chiappea, Chiappeyaz, Quiapea) ha mantenuto quasi inalterato per secoli la radice Cal (e altre forme ridotte, ad esempio Cl). Questa forma è una delle più studiate dai pionieri della linguistica che si ritrovano tutti d’accordo nell’affermare che il significato è doppio, indicando sia pietra, sia altura; la base Cal ha inoltre prodotto altre derivazioni: Cl, Clar e Clap e le loro tante estensioni: Clapéaz ne è un esempio. Il toponimo di questa località avrebbe quindi una radice preindoeuropea che, nelle sue numerose varianti, ritroviamo spesso nelle località dell’arco alpino (approfondimenti in P.-L. Rousset, Ipotesi sulle radici preindoeuropee dei toponimi alpini, Priuli e Verlucca, 1991). Tutto ciò è confermato dalla posizione in cui è stato edificato il villaggio e dal territorio circostante caratterizzato appunto da numerosi insiemi di frammenti di pietra di medie e grandi dimensioni; nelle vicinanze di questa frazione si ritrovano numerosi clapey. Anche in questo caso l’uomo, prendendo possesso del territorio, ne ha sfruttato al meglio le particolarità e specificità; accertato che tanti tipi di coltura (ad esempio i cereali) non potevano avere successo, ci si è, peraltro con grande successo, votati totalmente alla coltivazione della vite. Tutt’oggi fanno mostra di sé i tantissimi muretti a secco costruiti dall’uomo poco a valle della frazione per sostenere i terreni; il vino prodotto da queste superfici, quasi sempre di piccole dimensioni, è stato presumibilmente per secoli l’unico volano dell’economia di questo villaggio. Nel corso dei secoli si accerta che, come logica conseguenza di quella specifica coltura, anche a Clapéaz era presente il torchio per le vinacce; dalle pagine dei registri del Catasto Sardo apprendiamo che in questo villaggio questa monumentale struttura era in comproprietà e che all’epoca in cui il torchio viene registrato ne sono proprietari tali Obert, Séris, Trèves e altri. Oggi di questo utile complemento al lavoro di vinificazione non esiste più nulla anche se un piccolo spiazzo è ancora ricordato da alcuni residenti con il nome di lo torcio; non vi sono informazioni sull’epoca in cui fu eliminato ma questo avvenne sicuramente nel momento in cui fecero la loro apparizione torchi in metallo, di più modesto ingombro ma di migliore manovrabilità e resa e quasi sempre ad uso esclusivo di una sola famiglia. Anche questo villaggio era sede di transito della Processione delle vigne che qui giungeva dopo aver attraversato gli abitati di Maison-Neuve e Clapéon. Ai nostri giorni la sola struttura comunitaria ancora presente nel villaggio è il vecchio forno per la panificazione presente sotto ad un piccolo tetto posto a levante della frazione; la capacità del forno era discretamente grande e comunque sufficiente alle famiglie residenti che a turno cuocevano il pane. Stranamente questa struttura non è indicata nella relazione predisposta dalla locale municipalità nel 1899 in risposta ad una precisa richiesta tendente a formare delle statistiche dei forni non militari presenti in Saint-Vincent; richiesta avanzata dal 4° Reggimento Alpini-Battaglione Aosta di Aosta. Nel villaggio non vi sono altri edifici comunitari; i ragazzi per seguire le lezioni avevano due possibilità: la scuola di Moron o quella del borgo. Assente inoltre una cappella per pregare o per la celebrazione di funzioni religiose ma questo non significa che la fede dei residenti fosse inesistente; un piccolo oratorio (sembra edificato dalle famiglia Dufour e Torrent), recentemente rimesso a nuovo è presente all’interno del villaggio e la sua presenza richiama alla memoria voti antichi e secolare fede. Sulla facciata di una vecchia abitazione vi è inoltre un affresco, risalente presumibilmente alla fine del XIX secolo, che presenta nella semplicità tipica della fede dei semplici e con colori molto tenui, una bella Deposizione. La posizione del comprensorio è particolarmente soleggiata e riparata dai venti; l’acqua, che è tutt’oggi garantita da un piccolo rivo che attinge dal Grand-Valey, non era naturalmente condizione primaria per tale coltivazione. Anche a Clapéaz sicuramente vi erano colture orticole così come erano naturalmente presenti animali da cortile o bestiame per la pastorizia (in particolare le memorie tramandate oralmente fanno riferimento agli ovicaprini). Il bosco alle spalle del villaggio era naturalmente importante risorsa di legname e in questo una posizione di tutto rispetto l’aveva il castagno; questo era “coltivato” con grande cura. Questi grandi alberi erano soggetti a innesti e potature; il legname ricavato serviva sia per la lavorazione (assi, tavole e travi) sia come combustibile durante l’inverno. E’ però dalla castagna che si traevano discreti proventi; in autunno tutti raccoglievano i preziosi frutti (dopo l’essiccatura e un lungo e ormai dimenticato sistema di affumicatura in specifici locali per impedire il proliferare delle tarme) erano consumati in molti modi tra cui caldarroste, minestre, zuppe o semplicemente mescolate a latte caldo. Molte volte le castagne secche ormai prive della buccia erano portate al mulino per essere macinate e ridotte in preziosa farina, e anche in questo caso viene ricordato che il prodotto era sia consumato in famiglia che barattato o direttamente venduto. In autunno anche le foglie del castagno erano raccolte e servivano sia come giaciglio per gli uomini sia per le bestie. Oggi purtroppo il bosco ha notevolmente perso quell’interesse primario che per secoli aveva garantito alle comunità di montagna (e in specie anche ai residenti di Clapéaz); il sottobosco non è stato più pulito e gli alberi morti giacciono a terra coperti da rovi e altri tipi di cespuglio che aggraverebbero una eventuale situazione di pericolo in caso d’incendio. Abbiamo menzione dalla lettura del Registro dei decessi della locale parrocchia che l’8 settembre 1802 …sur la montagne de Saint-Vincent Marie-Thérèse Dufour, di soli dieci anni, morì dopo essere stata vittima dei lupi; presumiamo che tali animali scorazzassero in tutte le località del territorio comunale perché nel bosco poco a nord di Clapéaz è tutt’oggi visibile una costruzione in pietra che aveva funzione di trappola per lupi. Il villaggio è abbastanza esteso anche se le case sono molto addossate tra loro; architettonicamente possiamo affermare che l’uomo anche in questo caso ha saputo coniugare al meglio la secolare capacità e maestria nell’uso della pietra che si presenta a Clapéaz con piccoli particolari veramente notevoli; negli ultimi anni molti volumi abitativi sono stati recuperati e tutti gli interventi effettuati sulle vecchie dimore si presentano in tutta la loro bellezza. All’estremità del villaggio è stato recuperato anche il vecchio, e unico, rascard; la presenza di questo bellissimo immobile sta a significare che nel circondario vi erano comunque campi per la produzione di cereali. Una ricca presenza sentieristica informa che il villaggio era crocevia importante tra l’antico borgo e le frazioni situate sul territorio montano; tutt’oggi questi sentieri sono abitualmente utilizzati da coloro che desiderano entrare in contatto diretto con la natura senza peraltro dimenticare il sottostante paese che sembra civettare dai suoi tetti rossi. La frazione è comodamente servita alla rete viabile e recentemente la locale Amministrazione Comunale ha provveduto a costruire un parcheggio per i residenti. Personaggi della frazione sono certamente i notai Jean-Antoine e (il figlio?) Sulpice-Antoine Péaquin che nella prima metà del Settecento a Clapéaz avevano domicilio e beni e che redigono molti atti proprio in questo villaggio.

CRETIER Piergiorgio