Geografia e geologia

Superficie: 21 km2
Quota minima: 430 m (la Dora al Ponte delle Capre)
Quota massima: 2700 m (poco sotto la cima del Mont Zerbion)
Altitudine capoluogo: 550 m
Abitanti: 4800 circa
Comuni confinanti, da nord in senso orario: Ayas, Brusson, Emarèse, Montjovet, Châtillon.

Il Comune di Saint Vincent fa parte della Regione Autonoma Valle d’Aosta, la più piccola delle regioni italiane, situata nel settore nord-occidentale dell’arco alpino, al confine con Francia e Svizzera. La regione comprende l’alto bacino idrografico del fiume Dora Baltea, che raccoglie le acque dei maggiori massicci italiani delle Alpi, dal Monte Bianco al Monte Rosa, dal Cervino al Gran Paradiso. Il Comune di Saint Vincent si trova lungo l’asse della valle principale, a circa 25 km, in linea d’aria, dal suo sbocco in pianura e alla stessa distanza dalla punta del Cervino (4478 m).
Il territorio comunale si stende interamente sul versante sinistro della Valle della Dora nel tratto compreso tra il Mont Zerbion e la Testa di Comagna. La valle è molto incassata, però il nostro Comune può giovarsi di una situazione privilegiata. In primo luogo, infatti, l’esposizione del Comune è all’adret (solatio). Inoltre, Saint Vincent si trova proprio nel tratto in cui la valle piega ad angolo retto verso destra, cioè verso sud. I suoi pendii si trovano dunque di fronte a due aperture vallive, che illuminano ed abbassano l’orizzonte. Da sempre il Comune ha tratto profitto, prima per l’agricoltura, poi per il turismo, della sua fortunata posizione e, di conseguenza, del suo clima.

Sulle orme degli antichi mercanti, dal Col du Joux alla Dora

Da secoli la vita sul territorio di Saint Vincent si è organizzata su due direttrici geografiche che s’incrociano al capoluogo. In senso orizzontale corre a mezza costa, sospesa su antichi conoidi lacustri (“sablòn”), la storica via di fondovalle, da sempre collegamento internazionale fra le città italiane ed i mercati centro europei. In senso trasversale sale l’altrettanto storica via del Col du Joux, antico collegamento con le comunità alemaniche delle valli vicine e della Svizzera. Noi seguiremo qui idealmente la discesa dal Colle di un viaggiatore contemporaneo sulle orme degli antichi mercanti walser.
La cresta spartiacque, che ci divide dalla Val d'Ayas, si insella appunto al Col du Joux (1600 m), punto di arrivo del canale irriguo dal Monte Rosa alla “collina” di Saint Vincent. La dorsale tra il Col du Joux ed il Mont Zerbion è una vasta distesa di antiche foreste selvagge ricche di fauna. Lo era anche la dorsale verso la Testa di Comagna prima che si costruissero gli impianti e si tracciassero le piste di sci. Al bordo della foresta inizia la “collina”, il territorio intensamente vissuto nella storia della comunità. La foresta cede il posto a prati terrazzati, che fino alla seconda guerra mondiale erano anche campi di cereali. Le sinuose linee dei muretti assecondano e addolciscono il tormentato rilievo del versante. Numerosi villaggi, stretti fino a toccarsi da un tetto all’altro, si addensano nelle rientranze e sui poggi, là dove il versante mostra una rottura di pendenza. Muri di legno e pietra, tetti di pietra, i villaggi sono collegati da antiche mulattiere selciate più o meno regolarmente con la pietra locale. Certo, tutti i villaggi sono raggiunti dalla strada asfaltata, ma le mulattiere non sono quasi mai abbandonate. Il centro di tutte le mulattiere è Moron, complesso mega-villaggio sulla via del Col du Joux. È tra l’altro dotato di una storica, vivissima chiesa ricca di fascino, di arte e di leggende. Da qui, sempre scendendo, inizia la fascia delle vigne, ed i terrazzamenti assumono grande imponenza. Ripidi e potenti depositi morenici sono scanditi da muri in pietra a secco equidistanti, regolari, in perfetta sintonia col pendio naturale inciso in stretti impluvi. La striscia di terra sostenuta dai muretti è quasi orizzontale, per ben ospitare i filari di vite. Ogni tanto un nuovo lotto di costruzioni sale a dare il benservito ad una vecchia vigna ormai abbandonata, sostituendola con muri di cemento che ci si sforza di rivestire in pietra e in rampicanti. Siamo ormai al capoluogo, fiero della sua antica via Chanoux magnificamente rinnovata e della sua preziosa villa gallo-romana poi divenuta quattrocentesca chiesa parrocchiale. Ancora si può scendere ad ammirare altri imponenti terrazzamenti e antiche case signorili nei raccolti villaggi lungo la Dora, per finire all’acrobatico passaggio che nei secoli sfida vittoriosamente ogni alluvione, l’antichissimo Ponte delle Capre

GEOLOGIA

Il Comune possiede sul suo territorio un Geosito registrato nel database centralizzato dell’APAT, ex Servizio Geologico nazionale. Si tratta di un’area attrezzata fra le frazioni di Cillian e Feilley, sulle rupi che si affacciano alle gole della Dora verso Montjovet. Si chiama “Ponte Romano – Tsailleun” ed è raggiungibile dal parcheggio di fronte ai ruderi del Ponte Romano, località Fera, a pochi passi dal capoluogo. Da qui, con l’aiuto dei cartelli “Dal Ponte Romano alle Rupi celtiche” e del fascicolo disponibile all’AIAT (Ufficio Turismo), è possibile individuare i maggiori motivi di interesse geologico della zona, che non sono di poco conto.
I roccioni rossastri che affiorano nella zona, utilizzati nel corso della storia in vario modo (dal poggio per esibire le persone sgradite impiccate all’entrata del borgo, alla odierna palestra di arrampicata) rappresentano dei brandelli di mantello terrestre, roccia circolante al di sotto della crosta, esumati dalle profondità litosferiche sotto un antico oceano scomparso. Levigati e arrotondati nell’ultimo milione di anni dal grande ghiacciaio bàlteo, ci raccontano di giacimenti di magnetite, di minerali di titanio, di pressioni inimmaginabili che fanno collassare i cristalli. Indigeste per molte specie vegetali, le nostre rocce selezionano fiori bellissimi e profumati sul tenue suolo che le circonda: timo, alisso argentato, centaurea minore, anemone viola, garofano, valeriana, issopo, orobanche. Sulle vene di pietra ollare, mani misteriose hanno tracciato segni e coppelle.
Quattro castelli medievali sorvegliano le gole dai loro dirupi. Imprendibili rocche, difese da lisce pareti verticali: le faglie dell’Ospizio Sottile, che dislocano l’interno della catena alpina rispetto al suo margine verso la pianura. O la faglia Aosta-Ranzola che isola il castello di Ussel dal resto della montagna: così nacque la Valle d’Aosta, col suo sorprendente tracciato di traverso alla catena alpina, che nessun fiume, nessun ghiacciaio avrebbe mai scelto se non vi fosse stato costretto. Così si formano le montagne, così funziona il Pianeta: i tesori di giada e granato registrano il soggiorno nelle viscere della Terra, l’acqua fossile nei cristalli ricorda l’antico fondo oceanico, le grandi pareti a specchio mostrano come si scuote la Terra in superficie. E lo scossone può essere spettacolare: un’intera montagna crollò nella gola, bloccando la Dora in un lago di trenta km, qualche migliaio di anni fa. Tutto è ancora visibile dal geosito: il moncone di montagna rimasto, l’accumulo ora tagliato in due dal fiume, l’antico fondo lacustre sabbioso e piatto. Affrettatevi, l’ingresso per ora è gratuito.

PRINETTI Francesco