Joux

Parliamo in questo caso di un villaggio d’alta montagna di discrete dimensioni: Joux, 1600 m. circa slm. Siamo poco a valle del celebrato e noto Colle di Joux su di un grande pianoro interamente occupato nei secoli scorsi da campi di cereali. Si ritiene di dover subito fare una precisazione circa il toponimo Joux che molti ritengono sia relativo alla divinità romana Giove e che invece, come spiega il Prof. R. Berton nel suo studio Toponimie de la Vallée d’Aoste, il nome Joux è di origine celtica e designa una fitta foresta. Certamente con il passare dei secoli e con una sempre più massiccia presenza dell’uomo la fitta foresta si è andata piano piano sfoltendo. Interessante a questo proposito è il contenuto di un documento conservato da privati che ci informa su un fatto accaduto nel corso del 1835 e che ha visto coinvolti alcuni nostri compaesani. Nella primavera di quell’anno Jean-Bernard Vout, Michel-Joseph Cornaz, Jean-Louis Damay, Jean-Mathieu Obert, Jean-Louis Mellé e infine Jean-Antoine e Pierre-Antoine Séris avevano sottoscritto un contratto per la fornitura di carbone a tale Pasquale Milesi. La fabbricazione del carbone avveniva nella foresta di Joux e la consegna doveva essere effettuata in località Vagnod di Saint-Vincent; a settembre però il Milesi fece citare presso l’Aula di Giudizio di Châtillon i nostri sette carbonai per non avere rispettato il contratto nella sua interezza. Purtroppo la carta non ha un seguito per cui non sappiamo come evolse e come si concluse la storia ma curiosa è invece l’informazione relativa alla fabbricazione del carbone nei pressi di quella località. Peraltro, secondo una pratica abbastanza diffusa nella nostra regione, anche in quella foresta, con opportune autorizzazioni, si estraeva dalle piante la pece nera. Parlando ora della posizione del villaggio possiamo affermare che questo è stato senz’altro costruito in uno dei siti più panoramici dell’intero comprensorio del nostro Comune. Da Joux lo sguardo si perde ammirato sull’intera valle; dal sinuoso corso della Dora alle cime eternamente innevate, ai tanti piccoli paesi di fondovalle o di alta montagna, quasi casette di un presepio; boschi dai colori accesi e pascoli che nelle diverse stagioni dell’anno diventano gemme di fiori e di colori. Ecco! Tutto questo è quanto si può godere da quella bellissima località denominata fin da antica data Joux. Anticamente il villaggio sembra essere stato sempre abitato, anche durante la stagione invernale con tutte le difficoltà del caso! Da quelle parti alcuni momenti di tensione furono vissuti sia dai residenti che dagli Amministratori comunali nel corso del secolo XVIII quando forti attriti furono creati a seguito della necessità di definire correttamente i confini tra le comunità di Brusson, Emarèse e Saint-Vincent. Il problema era di non poco conto se consideriamo che tutto confluiva nelle questioni fiscali delle comunità e quindi dei diretti interessati: i proprietari di terreni situati in quel comprensorio (che peraltro sembra di capire parteciparono alle varie fasi con notevole entusiasmo e in modo non sempre corretto se consideriamo l’accusa rivolta dalla municipalità di Emarèse ai Sabins secondo cui i “nostri” nottetempo sarebbero addirittura arrivati al punto di rimuovere e spostare le pietre di confine, s’intende per posizionarle a proprio favore!). La situazione con il comune di Emarèse, ben lungi dall’essere definita, si ripresenterà ancora nell’Ottocento e non mancheranno altri colpi di scena. Come già detto il villaggio è posto alla sommità della collina di Saint-Vincent e per la sua posizione ha sempre avuto nel corso dei secoli un ruolo primario nella “viabilità” intervalliva; dal Colle omonimo infatti si transitava per raggiungere la valle d’Ayas e poi, attraverso il passo del Teodulo, la vicina Svizzera. Il transito avveniva naturalmente in entrambi i sensi e gli utenti erano commercianti e trasportatori (in particolare di vino e sale), ma la stessa strada era utilizzata da allevatori con mandrie appresso, da funzionari, da ecclesiastici e da tutte quelle persone che in un modo o nell’altro dovevano compiere viaggi. Non è da escludere che anticamente a Joux vi fosse una stazione di posta o comunque un edificio entro cui si praticava l’accoglienza e il ristoro. La frazione presenta abitazioni molto compatte, muri spessi e tetti abbastanza aggettanti; queste soluzioni costruttive servivano per difendersi dal freddo, dalle abbondanti nevicate che si registravano un tempo a quelle quote e per permettere l’essiccazione di fieno. A proposito di precipitazioni nevose si riporta parte di una memoria redatta quasi certamente da Charles Bich, all’epoca parroco di Saint-Vincent: 4 mars 1888. Dans plusieurs villages de la colline, la neige a formé une couche de met. 1.80 d’épaisseur. Au hameau supérieur elle s’est élevée à la hauteur incroyable de 4 mètres, à la lettre. Ces petites maisons étaient littéralement ensevelies sous la neige. Il ne s’y trouvait que deux hommes, qui eurent naturellement une frayeur panique. Ils en furent quittes pour la peur. Malgré cette énorme quantité de neige, nous n’avons à déplorer que l’effondrement de deux toit de maison (…) e, il parroco aggiunge nel suo scritto, …je vous assure que dans tout le village on a eu recours à la prière: Dieu nous a exaucés… (approfondimenti in Atlante climatico della Valle d’Aosta, a cura della Società Meteorologica Subalpina e Regione Autonoma Valle d’Aosta, Ao., 2003). Purtroppo ai nostri giorni le nevicate non sono così abbondanti e nel frattempo, e purtroppo, il villaggio è stato quasi completamente abbandonato a sé stesso. Solo recentemente alcuni ruderi sono stati nuovamente ristrutturati cosicché si assiste ad una nuova rinascita di Joux; l’architettura della frazione presenta immobili carichi di storia costruiti con grande impegno di pietra e legno e con muri dalle dimensioni notevoli per sostenere il peso della neve. Un solo granaio totalmente in legno è rimasto testimone di quell’intenso e operoso passato e di quella campagna intensamente coltivata a cereali; non vi sono edifici comunitari quali ad esempio il forno, il mulino e la scuola ed è quindi normale immaginare che per la macinatura delle granaglie ci si recasse ai villaggi di Amay o Grand-Rhun. E’ naturalmente ovvio che l’economia delle famiglie di Joux era poi sostenuta anche dall’allevamento e da altre attività quali ad esempio la fabbricazione del carbone o la vendita di legname, sia esso per il riscaldamento domestico sia trasformato per lavorazioni: travi, tavole o altro. Un tempo vi erano famiglie che abitavano stabilmente tutto l’anno in quella frazione e riteniamo che le difficoltà maggiori le avessero in inverno gli scolari costretti a scendere fino alla scuola di Amay per seguire le lezioni, per non dimenticare poi che la popolazione doveva comunque partecipare alla messa domenicale e per questa ragione o si scendeva fino alla chiesa di Moron o in alternativa, per ottemperare il precetto festivo, vi erano solamente la chiesa del borgo o quella altrettanto distante di Brusson. Possiamo immaginare che in entrambi i casi, durante l’inverno, la camminata fosse davvero irta di difficoltà ed estremamente impegnativa e a tratti anche pericolosa. Personaggio importante della frazione Joux è senza dubbio il compianto maestro e poeta patoisant Antoine-Jacques De Petro (*1880-†1958). Da famiglia originaria del canavese trasferitasi in Valle d’Aosta si dedicò, durante tutta la sua vita, all’insegnamento scolastico dei ragazzi delle scuole situate nei villaggi e nel borgo. Son portrait, qui révèle l’intelligence et la préparation dans un physique robuste, peut-être même hautain figure souvent dans les photos de l’époque. En réalité, il ne faut pas se laisser impressionner par cette image: qui a eu la chance de le connaître se souvient d’une personne aimable envers tous ceux qui s’adressaient à lui pour toute nécessité… Raggiunta l’età pensionabile, e con nel cuore una grande passione per la montagna, per i suoi panorami e colori, per i suoi silenzi, lasciò il borgo e si trasferì ad abitare stabilmente poco a monte del villaggio di Joux dove aveva nel frattempo edificato una grande casa; per questa scelta il Maestro De Petro venne denominato Le patriarche du Col. Grande passione coltivata da questo personaggio fu lo scrivere versi in dialetto; la sua produzione è però assai limitata anche se di grande valore e con punte ironiche quale ad esempio la prosa No sein de Sein Vinsein. La nostra municipalità in segno di riconoscenza ha definito Antoine-Jacques De Petro e gli altri due amanti del dialetto locale, André Ferré e Vincent Gorris, Les Trois Mousquetaires du Patois e tutti sono ricordati nella titolazione di una strada e in una lapide in marmo posta all’ingresso del Municipio il 29 maggio 1868 …a l’occasion du VIeme Concours de Patois.

CRETIER Piergiorgio