Flora e fauna

I suoli detritici e morenici, prevalenti sul territorio, sono tendenzialmente assai porosi e quindi non trattengono l’acqua, che d’altronde dal cielo giunge... col contagocce. I prati al servizio dell'allevamento bovino, ormai unica attività agricola esercitata in forma economica, sono da secoli irrigati tramite una fitta rete di canalizzazioni che porta l’acqua dai torrenti glaciali; ora sono diffusi impianti a pioggia. La vegetazione spontanea ha dunque dovuto evolversi verso specie che sopportano un certo grado di aridità e siccità, sia nei boschi che nei prati.
Nelle foreste a cavallo dello spartiacque, mescolati ai larici, vedremo ancora degli abeti rossi, frequenti nella valle contigua, ma sempre più rari man mano che si scende il nostro versante, e sempre più sostituiti dal pino silvestre. Nel sottobosco, tipico è il tappeto di uva ursina, con ginepro e qualche rododendro. Fra i fiori più belli di questo livello altitudinale citeremo gli anemoni (Pulsatilla vernalis e Pulsatilla halleri), le primule rosse (Primula hirsuta), le genziane (Gentiana acaulis e Gentiana verna) e qualche rara aquilegia (Aquilegia alpina).
I grandi prati che si stendono alle quote immediatamente inferiori ospitano le fioriture più intense e variopinte, tra cui spiccano i tulipani selvatici Tulipa australis), e agli intenditori offrono una incredibile ricchezza di erbe saporite per insalate o minestre tradizionali, dalla silene agli spinaci, dalle ortiche alla sanguisorba, dalle primule gialle al tarassaco.
Sotto i mille metri, vasti accumuli di grossi blocchi rocciosi, indizi di antiche frane, sono coperti da boschi di castagno e roverella. Numerosi sono anche i residui morenici, in genere coltivati a vite, e le distese rocciose nude o appena coperte di terra. Queste ultime sono terreno ideale per specie vistose o rare o tipiche di particolari substrati geochimici. Pullulano ad esempio le orchidee selvatiche (almeno una dozzina di specie), gli anemoni (Pulsatilla montana), i garofanini rosa, le antiche infestanti dei campi di grano come papaveri e fiordalisi. Infine, i roccioni a picco sulla Dora sono incoronati a primavera da nuvole rosa di timo (Thymus vulgaris), da ciuffi bianchi di Cerastium e da aureole gialle di alisso argentato (Alyssum argenteum).

Quanto alla fauna selvatica, la foresta di conifere è il rifugio d’elezione per lo scoiattolo, il capriolo ed il cervo (raro), mentre il camoscio si sposta volentieri sulle ripide praterie alpine fra i cespugli di ginepro e gli ultimi larici contorti, dove vola il gracchio e qualche rapace occasionale. Lepre, volpe e qualche piccolo mammifero carnivoro sono presenti in tutta la fascia antropizzata sottostante. Più in basso, i boschi di castagno e roverella, oltre alla volpe, ospitano tipicamente vari roditori tra cui ancora lo scoiattolo, e sempre più attirano incursioni di cinghiali, più numerosi peraltro nei comuni vicini più dotati di macchia boschiva a bassa quota. Da un ramo all’altro volteggiano le ghiandaie dal volo azzurro sfarfallante e dal grido stridente. Numerosi sono i picchi, attirati dai grandi alberi morti o malati, che si fanno notare col loro tamburellio sul legno cavo ed il loro improvviso scoppio di risa. Suoni, tracce e balenìo fugace di forme e colori: gli animali selvatici sono molto discreti in una civiltà come la nostra che ha tra i suoi valori fondanti il dominio sulla natura malvagia, la caccia, il “pragmatismo” ambientale. Tutte virtù necessarie per ridurre la vita selvaggia a videocassetta africana (finché dura...).

PRINETTI Francesco