Fede nei testamenti

Aspetti di fede e devozione ricavati da testamenti redatti nei secoli XVII e XVIII°

...passant, je suis la mort. Je dois te le dire: tu seras tôt ou tard soumis a mon empire... Questa frase è parte dello scritto ben più ampio che, come monito, compare nella parte alta dell'ingresso del nostro cimitero (e che venne copiato dal frontone del vecchio cimitero prima della sua demolizione). Fin dalla sua apparizione sul pianeta l'uomo ha sempre convissuto con una realtà (quasi un paradosso!) che l'accompagna durante tutta la sua vita: la morte. Con essa sono quanto mai attuali le paure, le ansie, il dolore e tutto quanto accompagna, precede, e porta a questo appuntamento. Si tratta di un momento atteso, preparato, invocato, respinto, odiato o forse immaginato ma comunque presente nei pensieri di tutti. Dunque l'atavica paura della morte -e forse con essa la sofferenza- ha di fatto imposto all'uomo di prepararsi. Queste brevi considerazioni servono a introdurre lo scritto incentrato sul come i nostri avi si preparavano e predisponevano dei loro beni e del loro spirito in vista della morte facendo testamento. A differenza di quanto si potrebbe oggi credere il testamento era anzitutto, un'autentica professione di fede e frequentemente l'elencazione degli eredi e dei beni a loro assegnati aveva all'interno della carta un'importanza quasi secondaria. Solitamente, era il testatore che si recava nello studio del notaio così come naturalmente non era infrequente che fosse quest'ultimo a portarsi nella casa della persona che intendeva dettare le sue volontà. Per la validità dell'atto era sempre obbligatoria la presenza dei testimoni (variabile da un minimo di quattro persone fino ad un massimo di sette, otto e anche oltre). Frequentemente erano presenti un sacerdote e/o il procuratore della chiesa o della cappella del villaggio sede del rogito. Presumibilmente prima di procedere alla stesura della carta il notaio conferiva verbalmente con il testatore e questo per riordinare le sue idee e le sue volontà dopodiché si procedeva alla scrittura che in taluni casi era affidata ad uno scrivano. Nei tempi passati le nostre comunità erano profondamente religiose ed osservanti. Tutte le carte sono state stilate per secoli in modo quasi uguale e, in molti casi, ripetitivo tanto che seppure con il trascorrere del tempo appuriamo che lo schema di fondo non varia mai. Dopo la datazione temporale e dopo aver indicato la sede in cui si svolgeva l'atto, una formula abbastanza ripetitiva apriva lo scritto: ...sachent tous qu'il n'y a rien de si certain que la mort et rien de si inconnu que les jours, heures et moments de son arrivée; par ce il est mieux de la prévenir que d'en être prévenu en disposant des biens qu'il a plu à Dieu nous donner en ce bas monde pour éviter toutes disputes, querelles et discentions aux héritiers prétendants à l'hoirie et succession... Terminata questa parte, che già la dice lunga sulla filosofia del tempo e della gente, sono sempre presenti gli estremi anagrafici del testatore nonché alcune note indicanti il suo stato di salute e a questo punto si entra, con determinazione, nella parte che potremmo definire spirituale. Il notaio registra il fatto che il testatore ha fatto il segno di croce e si è raccomandato a Dio, alla Vergine Maria, a san Vincenzo patrono di questa comunità, (sostituito da san Maurizio se il fatto si svolge nella collina) e ad altri santi particolarmente amati e infine, e più in generale, alla grande ...cour céleste du Paradis... dopodiché dispone che ...quand plaira à Dieu de séparer son ame d'avec son corps