Le festività di Sant'Antonio

Antonio era nato nel 230 d.c. a Coma (l'odierna Qeman El Arous sulla sponda occidentale del Nilo) da una famiglia agiata; alla morte dei genitori, Antonio vendette tutti i suoi beni e donò i proventi ai poveri dopodiché si ritirò a vita eremitica. Anche in Valle d'Aosta la devozione verso questo santo è molto diffusa; la locale popolazione contadina si è infatti posta, fin da antica data, sotto la sua protezione riconoscendolo come protettore del bestiame. La devozione verso Sant'Antonio è sottolineata anche dal contenuto del verbale della Visita Pastorale del 1576; da questa apprendiamo che nella nostra chiesa era stato innalzato un altare in onore di questo Santo, e numerose volte Antonio figura nell'iconografia degli oratori che sorgono nella nostra campagna; sono numerose le cappelle che ospitano una statua di questo santo. L'azione benefica del santo si è estesa naturalmente anche agli uomini che lo invocarono contro diversi mali: la peste, lo scorbuto e il cosiddetto fuoco di Sant'Antonio. Dall'Etat de la Partisse, redatto nel 1786 dal parroco Philibert De Tillier, apprendiamo che il procuratore della chiesa di Moron compiva nell'ottava dopo la festività di Sant'Antonio un vasto giro «sur la montagne pour faire la collecte de St. Antoine». Il ricavato doveva servire a pagare i costi delle antiche funzioni volute da una popolazione estremamente devota. Da tempo immemorabile fu quindi deciso di sottolineare questa festa con particolari forme di devozione; anche nel nostro paese (in un tempo peraltro non lontano) la gente delle campagne si riuniva a gennaio nella chiesa del borgo. In quella giornata era celebrata una solenne funzione alla quale partecipavano tutte le famiglie del paese (che possedevano capi di bestiame). La medicina veterinaria non aveva ancora raggiunto la specializzazione attuale ed era quindi logico che tutti si ponessero, per la salvaguardia degli animali domestici, sotto l'ala protettiva di questo taumaturgo. La Liturgia prevedeva la celebrazione di una Messa solenne e gli Uffici seguiti dal bacio delle reliquie. All'Offertorio la popolazione si riuniva nella navata centrale e processionalmente si avviava verso l'altare offrendo ognuno secondo le proprie disponibilità i frutti della terra: pane di segale, formaggi, vino, castagne e olio di noci. Nel frattempo, sul sagrato, erano stati allineati numerosi capi di bestiame (muli, asini, cavalli, pecore...). A loro, ma naturalmente anche alle persone, il celebrante imponeva una solenne benedizione volta al mantenimento della salute e all'allontanamento delle malattie. Al termine della sacra funzione prendeva avvio un lungo corteo che compiva una sfilata nelle strade centrali del borgo; le bestie, opportunamente spazzolate, erano decorate con nastri colorati e fiori di carta. Gli animali, così imbardati e condotti dai loro proprietari, erano mostrati ad un sempre numeroso e attento pubblico. Naturalmente questa occasione serviva anche per mostrare agli interessati la bellezza di un animale e, di conseguenza, tale ricorrenza era anche utilizzata come vetrina per compravendite o comunque promesse di scambi di animali.