La synagogue

Nei racconti degli anziani rivive sempre con una certa frequenza una credenza popolare che affonda le sue radici nella notte dei tempi e nelle più ancestrali paure dell'uomo: la Synagogue. Questo fenomeno, mai provato, ma certamente presente nei pensieri dei nostri progenitori ha sempre avuto un suo "posto d'onore" nelle chiacchierate familiari durante le lunghe notti d'inverno. Oggi è quanto mai difficile tracciare e definire il fenomeno che certamente irreale ha nel contempo aspetti collegati alla fede, al subconscio e, perché no, all'ignoranza e alla credulità. Le testimonianze orali non mancano ed è sulla base di queste che si tenterà in questo scritto di definire meglio l'argomento in sé molto interessante pregando comunque fin d'ora il lettore di non prendere per oro colato quanto riportato. Si racconta, e su questo tutti concordano, che tali manifestazioni avevano sempre luogo durante la notte (non importa la stagione) e che erano caratterizzate da fuochi e rumori; i siti in cui tali incontri si svolgevano erano solitamente isolati e difficilmente accessibili dall'uomo. Periodicamente queste chiassose adunanze potevano avvenire presso ruderi di abitazioni o nei pressi di corsi d'acqua. La credenza popolare sostiene che a questi appuntamenti partecipavano streghe, demoni e persone che per loro natura erano in sintonia con tali entità. L'incontro era finalizzato alla riaffermazione del male sul bene e conseguentemente al dominio del primo sull'uomo. Durante la notte, questi "spiriti malvagi" con la loro corte di rospi, serpenti, gatti e altri animali non molto raccomandabili si riunivano in una località appartata dove ballavano alla luce di grandi fuochi. Alle volte si segnalava la presenza di folletti buoni (anche se costoro partecipavano per il solo gusto di fare rumore, divertirsi e in talune occasioni, di disperdere il gruppo quando il vino e le erbe, fatto il loro effetto, facevano degenerare la festa). I pochi esseri umani che partecipavano avevano come unica caratteristica la povertà e l'indecenza degli abiti, unita a visibili e forti menomazioni al fisico che di fatto rendevano l'aspetto di questi esseri sgradevole e ripugnante. Sovente costoro, secondo la credenza popolare, non calzavano scarpe in quanto al posto dei piedi avevano zoccoli di mulo o di maiale. La seconda caratteristica era dovuta al fatto che al convivio vi era sempre musica; questa, assordante, sgradevole e ad altissimo volume era prodotta dalla percussione di pentole, paioli e campanacci (abbandonati dall'uomo in quanto inservibili) con contorno di grugniti di porci, risa isteriche o tintinnii di chiavi. Vino in quantità e miscele varie ricavate dalla macerazione di determinate qualità di erbe erano le bevande preferite dei partecipanti. Il misterioso, rumoroso e incomprensibile incontro raggiungeva il suo apice dopo la mezzanotte ora in cui si compivano riti sacrileghi con l'uccisione di gatti e rospi. Con le prime luci dell'alba il gruppo estremamente eterogeneo si scioglieva fino a nuova convocazione e al mattino nessuna traccia segnalava l'avvenuta folle serata. In determinati momenti la musica diventava dolcissima e trascinante al punto di invitare e coinvolgere occasionali viaggiatori notturni che nulla avevano comunque da spartire con simili manifestazioni e aderenti. Ai saggi il lume della ragione consigliava la pratica del segno della croce o la recita di una preghiera per evitare di finire invischiati in un gruppo certamente poco raccomandabile; per tutti valevano comunque alcune indicazioni quali le erbe raccolte in determinate giornate (coincidenti con festività religiose) e il buttarsi ventre a terra chiudendo gli occhi evitando di addormentarsi. Se fino a questo punto siamo rimasti nel semiserio e nella sfera dell'immaginario collettivo segnalo ora che nel Cahier redatto nel 1897 dal parroco Charles Bic (conservato in parrocchia) si trova un piccolo accenno relativo a queste adunanze e al nostro paese. Questo sacerdote, relazionando sul piccolo e isolato oratorio posto a Sapé (località a ponente di Perrière presso il Grand-Valey), sostiene che la costruzione dell'edicola votiva si deve alla decisa volontà della popolazione di sacralizzare un sito altrimenti ostico all'uomo e agli armenti; purtroppo non disponiamo di ulteriori approfondimenti in merito alla negatività del luogo. Ma lo scritto lasciatoci dal religioso non si limita a questa affermazione e aggiunge: ...serait-ce dans ce désert que se tenait au commencement du 15.me siècle, ce qu'on appelait alors la Synagogue à laquelle intervenait une femme suisse mariée à Perrière, femme chargeée de crime qui fut condamnée à mourir aux fameuses fourches de Montjovet? Non sapendo e non potendo dare risposta al sacerdote concludo ricordando come questa donna verso la fine della prima metà del XV° secolo venne effettivamente imprigionata nel castello di Saint-Germain con le gravissime accuse di stregoneria e addirittura della morte di Pierre Hospitis allora parroco di Montjovet. Se da un lato non conosciamo la sorte toccata alla donna ricordiamo come anche il professor A. Ferré, con alcuni divertenti racconti brevi, ci parli della Synagogue e di questo fenomeno un tempo diffuso tra la popolazione e da molti, se non temuto, almeno raccontato con distacco e con una certa dose d'ilarità.